Retrospettiva

 

 

 Renato Lacquaniti

 

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Nella raccolta Carlo Pepi

 

 

 

 

 

   

 

 

 

UN CASO ESEMPLARE DI ARTISTA: RENATO LACQUANITI

Il vero artista deve possedere genialità, sensibilità, invenzione, poesia, fantasia; deve saper cogliere ed interpretare il momento in cui vive ed opera, con originalità, acutezza di osservazione e lungimiranza anticipando le conseguenze che stanno per verificarsi.

Tutte queste qualità erano possedute da Renato Lacquaniti. Sappiamo bene che il mondo è spesso disattento, ingiusto; in arte vigono interesi strani che poco hanno a che vedere con essa. Hanno successo coloro che producono opere facili, coloro che trovano una formula e che la ripetono all'infinito, coloro che producono su commissione le opere che piacciono e che vengono vendute da abili mercanti che le sanno pubblicizzare ed imporre al disattento mercato. Ebbene Lacquaniti non fu uno di questi. Si staccò presto dal figurativo che non lo appagava e non si confaceva al suo carattere fantasioso, sognatore, grande appassionato di musica. Doveva esprimere i suoi sentimenti e quindi aveva necessità di ricorrere all'astrazione...

Era nato a Napoli nel 1932 e da bambino si era trasferito con la famiglia a Livorno ove trascorse il resto della vita fino alla morte, avvenuta nel 1998. Portato all'arte, dopo un primo periodo di apprendistato figurativo, nel '57 abbandonò il vero e s'incamminò nel meraviglioso mondo dell'astrazione: In piena libertà cominciò a produrre opere ove dette sfogo alla sua smisurata fantasia approdando anche agli acromi e monocromi. Nel 1963 decise assieme a Graziani, Bartoli, Spagnoli di creare il Gruppo ATOMA con lo scopo di rappresentare tramite segni ripetuti quella che era l'Italia del momento: un cantiere in piena costruzione; le fabbriche riprendevano i lavori, le catene di montaggio ripresero a girare, gli stampi a far uscire sportelli, cofani ecc. Allorché il Gruppo cominciava ad avere successo, l'agguerrito sodalizio si sciolse ed ognuno riprese il suo percorso autonomo. Il Gruppo è entrato giustamente nei trattati della Storia dell'Arte...

Carlo Pepi

 

 

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