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Recensioni

Maria Teresa Liuzzo

L’ombra non supera la luce

prefazione di S. Mangione postfazione di M. Decastelli

Agar Editrice Reggio Calabria, 2006

 

Tale, essendo una nota critica, una recensione, deve limitarsi nello spazio di qualche cartella e non può di certo sviscerare tutti i fecondi agganci dell’ultima fatica letteraria di Maria Teresa Liuzzo. Per sgombrare i dubbi da ogni deviante interpretazione che il poeta sia un individuo scevro da condizionamenti esterni, che viva ristretto nella egoicità del suo microcosmo, portiamo quale esempio in tale libro di poesia dal titolo Defilé. Non amo usare termini complessi quando si possono sostituire con parole più usufruibili ad un più largo pubblico anche se, lo sappiamo, chi legge libri, e di poesia in modo particolare, sono sempre, purtroppo, i soliti lettori e gli addetti ai lavori. Al di là di certe considerazioni, bisogna fare una premessa indispensabile. Io posso dire che una persona è più alta di un’altra ma non viceversa, ovvero affermare che codesto “cerchio” è più “cerchio” di altro. O è tale o si tratta di un’altra figura geometrica: vale la logica dell’aut aut come in poesia: o è libro di poesia o non lo è, potrebbe esserne un surrogato quando va bene. È per tal motivo che amo ripetere in ogni o quasi, mia recensione o intervento, le parole di Hugo Fredrich: la poesia è. Onde non deve chiedere alcuna giustificazione, vive di vita propria, è creazione donde la parola poiesis, da «poieo», creo. Ogni fenomeno psichico- a differenza di che pensano i fenomenologi ortodossi- ha il carattere di intenzionalità inteso codesto come direzione verso qualcosa che comporta delle componenti in sé, legate al vissuto(Erbelnis) – in tal caso vedi l’ottima poesia del riscatto quotidiano della Liuzzo, 3 barattoli, veramente la più pregnante, almeno dal mio punto di vista e dal discorso che vado conducendo. Proprio da tale “banalità del quotidiano” la Liuzzo si propone di andare alle cose stesse(zu den Sachen selbst, direbbe Husserl), onde la descrizione, nel puro senso originario del termine greco che è ϑεωρια, dei modi di presentarsi della cosa medesima. In fondo quello poetico è una modalità di vedere la vita. È de facto un porsi, un esser-ci, nel mondo. Ciò che si evince da una letteratura attenta e non superficiale di L’ombra non supera il buio, al di là di ogni facile retorica del sentimento, è la crisi della ragione, onde il cercare il senso e il significato dell’esistenza come esperienza trascendentale. Ripetiamo, è un modo di esperire il mondo, la “liaison” tra microcosmo e macrocosmo e l’esperienza del mondo. Tali comportano una inter-soggettività della sensibilità creativa: un’intuizione pura del mondo, del suo vissuto. Pertanto è difficile fare, in tal ottica, paragoni tra poeti: ciascuno ha la propria “grammatica”interiore. Io incontro a p. 76 di tal libro l’espressione”scintilla di Dio” ma per tal motivo non posso assolutamente affermare che M. Teresa Liuzzo si ponga nella stessa visione del grande mistico tedesco Meister Eckhart che usa abbondantemente l’espressione testé citata. Ci possono esser, volendo, anche influenze ed agganci ma è altro discorso. Per lo stesso motivo non mi ritrovo nella prefazione, pur dotta, di tal libro riguardo al celeberrimo sonetto di Rimbaud, Voyelles. Tale sonetto è uno dei più discussi tant’è che la letteratura di Vocali è sterminata. Va, il “divino” Vagabondo dalle suole di vento, superando e trascendendo Baudelaire nel succitato sonetto: dà alla sensazione il colore suggeritogli dal suo genio indiscusso. Però si badi bene che in Rimbaud ormai non esiste più problematica religiosa: per lui, quando scrive tale capolavoro, il divino è accantonato e per sempre. Per la Liuzzo il problema dell’ente che trascende la realtà è vivido, invece. È verissimo che il mondo delle idee lo costruisce l’uomo nel suo facere, onde ci possono essere contaminazioni, in ispecie nell’arte poetica: nessuno lo vuol escludere ma è lo “spirito” informatore che risulta esser diverso. Certo, nei poeti come nei letterati in genere ci sono influenze ed influssi(altrimenti lo studio del passato che prepara il presente sarebbe inutile)ma io starei molto attento, sarei molto cauto… Resta il fatto che la poesia non è un trattato di scienza ove tutto deve esser dimostrato ma ciascun, essendo arte, può vedervi ogni cosa. Resta il fatto inconfutabile dell’unicità, della non-divisibiltà quindi, dell’atto creativo, non stereotipato, non ancora omogeneizzato e globalizzato grazie al cielo.

Enrico Marco Cipollini

 

Le chiama sinapsi il nostro poeta le intermittenze del pensiero che si annodano e si sciolgono, che si intersecano e si lasciano andare, quasi onde del mare, flussi e riflussi del continuo sgorgare del nostro pensiero. Si potrebbe chiamare anche ideorrea che in termini medici significa l’entrata e l’uscita di un pensiero dall’altro fino a rendere la mente così occupata da fare male. Ma lui parla di sinapsi e di quel gioco innocente del passaparola che si faceva da bambini, poi si corregge e parla di passapensiero, quelli suoi in sostanza che, nascosti dentro la sua valigia che nessuno può né vedere né toccare, si lasciano dietro una grande coda di ricordi. Fantasmagorica cometa, che c’è e non c’è. Così il poeta solleva il coperchio della sua valigia con dolce fermezza: Non ho in valigia ciò che feci ma ciò che provai nel fare… Dio mio quanto è significativo questo andar per versi. Di tutti i giorni l’essenza ritorna come sentita adesso, nel naso ho l’odore del mio quaderno…E chi non ce l’ha. Avete mai provato a respirare l’odore dei muri fradici di pioggia, quanti pensieri nascono e sgorgano gli uni dagli altri: Dolorose sinapsi o magari liete, perché la vita è fatta di impressioni, odori, colori, passapensieri appunto affinché noi si continui a vivere. Ed ognuno ha la sua valigia. Il poeta semmai ci insegna a riconoscerla, ad aprirla e a rovistare nel suo contenuto: Qui non c’è serratura, aperta in attesa di nuovi fagotti da stivare. Certo, fin che c’è vita. E dopo di noi altri a riempirla di fotografie sbiadite. Pesca fruttuosa per il poeta: La penna che traccia i percorsi degli imprevisti, pensieri,la mia famiglia. E per ognuno la sua. Importante è conservarla dentro alla valigia. E cos’altro? Il passapensiero porta al ricordo di strade: Strade larghe pressate da camion, strette per scarpe dei campi. Perché quei campi, quella natura abitata dall’uomo-animale senza distinzione di sorta, è al centro dei suoi pensieri che dall’uno all’altro si rincorrono aprendo vasti cerchi nell’acqua. Il rovo flessibile cerca l’aggancio e si appiglia al mio braccio/ mi crede tronco da salire. Ancora commistione francescana di uomo e cose, di uomo e natura che rende la sua poesia veramente diversa, originale, frammentaria e talvolta ardua da leggere. A questo punto si cerca un attracco per fermare le idee e ci si domanda dove, perché nella sua ininterrotta ideorrea, che sostanzialmente è la nostra ci si smarrisce e si perdono i confini. Ma Ortali dichiara apertamente che ogni suo libro tira linfa anche non sua e chiude a lancio di pensiero. Senza dubbio non è un poeta facile, d’altro canto lui stesso lo dichiara: Arte è linguaggio diverso dal nostro alfabeto. Allora niente meraviglia nel leggere che c’è pensiero che va, su ruote, a piedi, sdraiato… avanti, sonno non ferma, cerca non sa dove, ma va e cerca. Poesia impegnata, irta a prima vista di una serie di ostacoli che sembra catapultare il lettore in un mondo irreale di parole senza lettere, di algebra senza numeri. Ma già con il titolo l’autore colpisce in piena faccia e distribuisce il suo singolarissimo percorso in ideogrammi di cui il primo è genitore dell’altro. I versi sono sciolti e modulati in lunghezze variabili, talvolta una parola viene isolata per darle maggior risalto è sonno, è sogno”, ma più spesso il discorso assume un andamento quasi prosastico senza frantumazioni eccessive più azzurro, ancora azzurro, avanti azzurro con una particolare attenzione al suono della parola oltre che al significato. Non dimentichiamoci che il nostro è anche musicista. Poesia sinfonica si potrebbe definire dove si legge armonia oltre che nell’uso della parola, nella sua distribuzione e talvolta anche nella sua assenza. Un corredo di fotografie completa e impreziosisce il testo. Ermetismo embrionale si potrebbe anche definire, di pure intuizioni, o puro concettualismo.

Giuliana Matthieu

Azelio Ortali

Sinapsi

Ibiskos di A. Uliveri 2006

 

Settembre 2006

Marzo 2007